Volontariato SEAC

51⁰ convegno nazionale SEAC

ROMA ,  13 - 14 APRILE 2018

PROGRAMMA DEL CONVEGNO

 

122 volontari di tutta Italia a Roma per il convegno Seac

Roma. Si è svolto, il 13 e 14 aprile scorsi, tra Regina Coeli e l’Istituto Maria SS. Bambina, il 51esimo convegno nazionale SEAC (Coordinamento enti e associazioni di volontariato penitenziario) sul tema “La riforma penitenziaria: lo stato della pena”, al quale hanno partecipato 122 volontari provenienti da tutta Italia. L’occasione è stata utile per fare il punto sulla riforma penitenziaria, ma anche per presentare il progetto nazionale SEAC “Volontari per le misure di comunità”, finanziato da Fondazione Con Il Sud. La legge penitenziaria in Italia risale a 43 anni fa, parla di un mondo, di una società e di un carcere che hanno subito profonde trasformazioni. Il decreto legislativo di riforma dell’ordinamento penitenziario (n. 501, primo di una serie) con cui a dicembre il governo Gentiloni ha dato seguito alla delega ricevuta dalla legge 103/2017, ha portato una ventata di modernità nel quadro normativo aprendo alle pene alternative o di comunità, già largamente applicate nel mondo occidentale in luogo della detenzione in carcere e introducendo importanti disposizioni volte al miglioramento della vita penitenziaria e al rispetto della dignità umana. Non è chiaro se l’attuale contingenza politica consentirà la definita approvazione quantomeno di questo primo fondamentale atto legislativo. “Disperdere il frutto di questi sforzi condivisi significherebbe fare un anacronistico salto indietro oltre che rischiare sanzioni mortificanti da parte delle autorità europee – dichiara Laura Marignetti, presidente SEAC – si continua a pensare che la pena, una volta inflitta, non debba subire modifiche affinché non perda il carattere di certezza. È questo il pensiero che va fermamente contrastato sostenendo le ragioni di questa riforma. La certezza della pena non significa necessariamente pena immutabile”. Numerosi gli interventi di magistrati, docenti universitari e responsabili delle amministrazioni penitenziarie, tutti concordi nell’affermare che attuare le misure di comunità non significa garantire meno sicurezza ai cittadini e che si può partire anche da quello che c’è senza aspettare una riforma, sfruttando meglio le risorse e avviando alleanze territoriali tra enti pubblici e privato sociale per supportare le persone dentro e fuori dal carcere. Per Mauro Palma, garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, nel nostro Paese, è necessario pensare ad una vera e propria ricostruzione culturale. Secondo Lucia Castellano, dirigente generale Esecuzione penale esterna del Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità non bisogna lavorare sui detenuti, ma con i detenuti con l’obiettivo di prevenire la recidiva e allontanare le persone dal crimine, coinvolgendo il volontariato. Le associazioni di Cagliari, Cosenza, Isola Capo Rizzuto, Palermo, Milano e la Caritas di Avellino hanno presentato le attività portate avanti, sui diversi territori, nell’ambito del progetto che ha visto un primo ciclo formativo con 150 volontari coinvolti e che adesso darà il via alla seconda fase caratterizzata dai gemellaggi. L’obiettivo dell’iniziativa progettuale è attribuire al volontariato penitenziario un ruolo di facilitatore dell’inclusione sociale e sensibilizzatore dei cittadini alle misure di comunità. [fonte articolo e foto: www.karamellenews.it]

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